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Ciò che occorre sapere a proposito del distacco e della rinuncia. I van­taggi della rinuncia. Come rico­no­scere i propri attac­camen­ti? Esempi di attac­camen­to. Come distac­carsi? Qual'è la vera ricchezza?

Suggerimento
Non dimenticate di meditare. Se leggete gli arti­coli di questo sito senza pra­tica, è come se pian­taste dei semi senza annaf­fiarli.

Il distacco

Rinuncia

Meglio essere a zero su un buon cammino che a buon punto fuori strada.

Oserei addirittura dire che se siete a zero, avete già percorso l'essen­ziale!

Quando cercate di andare da qualche parte, finché non sapete dov'è la strada, siete persi(e). Ma quando la trovate, siete salvi(e); non dovete fare altro che seguirla tran­quil­la­mente fino alla desti­na­zione, anche se è lunga.

Questo può sembrare al contempo assurdo e sempli­cistico, ma la rinun­cia è il solo mezzo che ci conduce a una feli­cità auten­tica, a una compren­sione profonda delle cose e alla fine delle proprie soffe­renze, com­prese quelle che sem­brano più inde­le­bili. Se noi compren­diamo ciò, allora pos­siamo sicu­ramente rite­nerci a zero.

Nelle successive pagine, parlerò ancora della rinuncia. Altrove, non se ne parla quasi mai. Eppure, è un punto essen­ziale, è il punto. Qua­lun­que sia il vostro ideale spiri­tuale o di benes­sere inte­riore, non ci riuscirete se non rinun­ciando a tutto quello che vi ostacola. E come forse sapete, la soddis­fazione dura­tura non è una ques­tione di acqui­si­zioni o di riem­pimento.

Al contrario, si tratta solamente di una ques­tione di pulizia, di lasciare andare. Si pulisce la mente dai suoi compor­ta­menti malsani, si lascia andare ciò a cui ci si aggrap­pa così ferma­mente e che però, non ci porta che guai. Questo pro­cesso, è quello che noi chia­miamo la rinuncia.

malsano
Più comunemente, malsano indica uno stato profon­da­mente abietto, disturbato o cattivo, ma nel nostro contesto, questo aggettivo riguarda ogni stato della mente impre­gnato da qual­siaisi senti­mento impuro: desiderio, gelosia, irritazione, impazienza, crudeltà, ecc.

Finché la vigilanza non è completa e conti­nua­tiva, la nostra mente dimora dominata da stati malsani, che i nostri pensieri si attivano ad ali­mentare.

Distacco, rinuncia, qual'è la differenza?

Distaccarsi da una cosa (materiale o non, come un'abitudine), significa non provare più desiderio, incli­nazione, inte­resse o dipen­deza nei suoi confronti. Rinun­ciare a questa cosa è libe­rar­sene o, sempli­cemente, non preoccu­parsene più.

Doppia metafora

Cosa accade se tentate di togliere a una scimmia la noce di cocco alla quale si aggrappa fermamente? Potete facilmente indovinarlo, lei si metterà a urlare, a mostrarvi i denti e ad attaccarsi più che mai alla sua noce di cocco.

Evitate pertanto di rinun­ciare a ciò per cui provate ancora un forte attacca­mento. Altri­menti, la vostra “scimmia interiore” si metterà a urlare e ad attac­carsi ancora di più alla cosa a cui avete rinun­ciato.

Immaginate di abitare in un apparta­mento modesto stipato di cose che usate rara­mente, o addi­rittura per niente. Non vi senti­reste molto meglio dopo esservi liberati del superfluo?

È la stessa cosa con la vostra mente! Non esistate mai a rinun­ciare a tutto quello che per voi non ha un vero interesse o valore.

Sappiate rinunciare ragionevolmente. Se ci sono molte cose per le quali non avete quasi più attacca­mento, ma non rinun­ciate a nulla, se conser­vate tutti i vostri piccoli piaceri, inesora­bil­mente, vi state prepa­rando a molti incon­ve­nienti di ogni genere.

Se rinunciate a tutto – o quasi – nel mo­men­to in cui persistono alcuni attacca­menti, anche in questo caso, vi state prepa­rando inevi­tabil­mente a tante sofferenze.

Il cammino ragionevole consiste nel rinun­ciare alle cose (oggetti, atti­vità, abitu­dini, opinioni…) alle quali la vostra mente si incolla poco o niente, e trattare le altre con vigi­lanza, in modo che si scollino deli­cata­mente e a tempo debito.

Alimentare gli attaccamenti, vuol dire alimentare la sofferenza.

Tutti i saggi concordano su questo punto chiave:

  • I nostri attaccamenti sono la causa delle nostre sofferenze.

Se non ne siete già convinti(e), una piccola riflessione può essere suffi­ciente per pren­derne coscienza. Prendete qualcosa alla quale date molta impor­tanza. Per esempio: la vostra colle­zione di quadri, la vostra casa di campa­gna, i vostri vestiti, i vostri capelli, la vostra repu­ta­zione profes­sio­nale…

Valutate ora gli sforzi e i sacrifici che vi sono costati per acqui­sirla e ali­men­tarla. Imma­gi­nate ora cosa senti­reste perdendola e il tempo che vi occor­re­rebbe per rimet­tervi comple­ta­mente.

Infine pensate a che punto ciò non vi impor­te­rebbe se non aveste il minimo attacca­mento. Vi senti­reste così leggero(a)!

Riflettendo in questo modo, non tarderete a consta­tare da soli quanto siamo schiavi dei nostri possessi e attac­ca­menti di ogni genere (abitu­dini, principi, credenze, ecc.).

Personalmente, io non voglio possessi o attacca­menti, perché voglio rima­nere libero. Più sarete distac­cati(e), più sarete liberi(e), leggeri(e) e vicini(e) alla soddis­fa­zione durevole.

I falsi attaccamenti

Molti nostri attaccamenti mettono esclusi­va­mente radici nelle nostre perce­zioni goffe ed erronee, perché la nostra mente non ha ancora la luci­dità di un grande saggio. Lascia­temi fare un esempio che riguarda molte persone (potete trovarne centi­naia d'altri): la sin­drome dell'imbal­laggio.

Il giovane Luigi riceve, per il suo comple­anno, da parte di sua madre il nuovo smart­phone che lui stesso aveva scelto su un sito di vendita. Lo schermo è rico­perto di ditate. Luigi mostra un'aria molto delusa.

  • Dov'è l'imballaggio?
  • Non entrava nel sacchetto allora…
  • E perché è tutto sudicio?
  • L'ho solo provato un po'.
  • Pfff!
  • Ma se vuoi recuperare l'imballaggio, ce l'ho ancora.
  • Non è più lo stesso!
  • E te ne sei accorto? Ti ho preso il nuovo modello, che è più performante.
  • Già, ma non è nemmeno il colore che volevo.
  • Pensavo ti piacesse.
  • Sì, insomma…

Invece di essere colmo di gratitudine e di saltare al collo di sua madre, Luigi tiene il broncio, l'aria delusa. I soli respon­sabili del suo mal­con­tento? I suoi numerosi attac­camenti!

Sapendo che sua madre gli ordinava uno smart­phone, questo fatto divenne un mero acquisto, che cancellò ogni ragione per ralle­grarsi. Oltre all'attac­ca­mento all'og­getto stesso, ecco quelli che Luigi ha svi­lup­pato:

  • L'imballaggio dell'oggetto.
  • La scoperta dell'oggetto disimballan­dolo perso­nalmente.
  • Essere il primo a toccarlo (dalla sua uscita dalla fabbrica).
  • Essere il primo a utilizzarlo.
  • Vederlo completamente pulito per un istante (poco prima di maneggiarlo).
  • Il colore che aveva scelto.

Potremmo quasi dedurre che Luigi prefe­risca il disim­ballag­gio del suo smart­phone che lo stesso smart­phone. Eppure:

  • L'imballaggio costa molto meno del suo contenuto.
  • Il disimballaggio dura molto meno tempo dell'uso dello smartphone.

La sua reazione ci dimostra inoltre che lui avrebbe preferito un modello meno perfor­mante che avrebbe potuto disim­ballare perso­nal­mente (piut­tosto che il contrario). Inoltre, sembra consi­derare che il valore del suo regalo sia signi­fi­ca­ta­mente ridotto se non è il primo a tenerlo in mano.

Infine, i suoi attaccamenti gli fanno credere che un colore diverso da quello che aveva scelto s'imporrà sempre ai suoi occhi. Ora, è pro­babile che guarderà il suo smart­phone solo il primo giorno. Nel resto del tempo, il suo sguardo sarà immerso sola­mente nei testi e nelle immagini che saranno visua­liz­zati sullo schermo.

Suggerimento

Un buon modo per individuare i vostri attac­camen­ti consiste sempli­ce­mente nel prestare attenzione a ogni vostra irri­ta­zione. Quando vi sentite scon­tenti(e), delusi(e) o inquieti(e), concen­tra­tevi sulla causa e guardate fino a che punto potete accettare la situa­zione. Potete anche indi­riz­zare la vostra atten­zione verso i benefici che può produrre.

I “falsi attaccamenti” causano una vera sofferenza. Si insi­nuano in tutte le nostre abitu­dini quoti­diane, nel nostro modo di valorizzarci, in tutto quello che contribuisce a “farci sognare” (arte, musica, cinema, oggetti che ci evocano sen­sa­zioni felici, ecc.).

Attenzione: i “falsi attaccamenti” sono dei veri attac­camenti! Sono falsi per la super­fi­cia­lità del loro obbiet­tivo (in con­trasto con obbiet­tivi più sostan­ziali, come il sesso, la musica o il cibo).

I “falsi attaccamenti” riguardano sovente le apparenze o il “pette­go­lezzo”.

Cercate di individuare la maggior parte dei vostri “falsi attac­camen­ti”. Sono i più facili da abban­donare.

Kassinu il detrattore

Io non sono attaccato a niente!

Più se ne ha – di attaccamenti – e meno li si vede!

Soltanto stando separati dalle cose pos­sia­mo com­pren­dere i nostri attac­camen­ti per esse. Diciamo tutti:

  • Io posso restare solo, nessun problema!

Ma quando ci si trova veramente soli, si sente la man­canza, si è tristi, ci si lamenta. Diciamo tutti:

  • La sigaretta, smetto quando voglio!

Ma quando ci si trova senza per tutto un giorno, si suppli­che­rebbe chiun­que per averne una. Tutti diciamo:

  • Io non mi abbasserò mai a leggere questo tipo di rivista!

Ma se non c'è che questa nella sala di attesa del dottore, ci si avventa sopra, piut­tosto che affron­tare il silen­zio del posto.

Inoltre, anche se l'aria indiffe­rente di Luigi lasciava imma­gi­nare un distacco completo dal suo smart­phone, per­derlo l'avrebbe sicu­ra­mente affranto. Le sue grida di frus­tra­zione avreb­bero allora mos­trato tutto il rumore del suo attac­ca­men­to venuto fuori dal suo nascon­diglio silenzioso.

Come distaccarsi?

Non incollarsi più

Non c'è una ricetta miracolosa per il distacco. È un processo che richiede tempo. Per com­pren­dere il dis­tacco, prima occorre com­pren­dere l'attac­ca­mento.

Praticamente di continuo, la mente si incolla alle idee, alle convin­zioni, alle critiche, alle cose che per­cep­isce con avidità, alle cose che perce­pisce con avver­sione.

mente
Processo che forma pensieri, giudizi, credenze, paure, desideri, ecc.

Alcuni la chiamano anche “l'ego”.

Anche l'avversione fa parte dell'attac­ca­mento, perché da un lato, ci si attacca all'idea che si tratta di un'avver­sione, d'altro canto, ci si attacca a voler restare lon­tani dall'og­getto di questa avver­sione.

Per distaccarsi, bisogna dunque com­pren­dere. Per com­pren­dere, occorre rinno­vare fre­quen­te­mente la vigi­lanza, con neutra­lità, vedere il processo dal vivo.

È a forza di smascherare gli attac­ca­menti all'opera che, poco a poco, la mente si scolla da loro. La mente prende le distanze, cessa di iden­ti­fi­carsi con le cose alle quali era attac­cata fino a quel momento. La colla dell'iden­ti­fi­ca­zione – o quella del desi­derio – non si forma più. Di conse­guenza, la vecchia finisce per seccare e sbri­cio­larsi. Così un attacca­mento cade; un passo in più è fatto nella rinuncia.

Anche se il processo di distacco fosse molto graduale, talvolta potrete avere delle prese di cos­cienza che vi faran­no fare un grande salto.

Come abbiamo visto nel capitolo prece­dente, numerosi attac­ca­menti sono il frutto di opi­nioni errate. Se pren­dete l'abi­tu­dine di per­cepire le cose come sono in realtà, senza nessun giudizio, idea precon­cetta o com­mento, rius­ci­rete a indi­vi­duare questi attac­ca­menti gli uni dopo gli altri.

Per sfuggire alla presa degli attacca­menti, Buddha racco­manda di:

  • sorvegliare le porte dei sensi
  • stabilire l'attenzione
  • mangiare con moderazione
  • coltivare lo stato di veglia (dormire solamente quanto è necessario)

La rinuncia non è un estremo

La via dell'estremo è all'opposto della saggezza e del benes­sere interiore. Come è spie­gato più in alto in questo arti­colo, si rinuncia grada­ta­mente e, sola­mente, a ciò di cui è facile disfarsi. Inoltre, la rinuncia è molto più una questione della mente che cessa di affer­rare che una ques­tione di priva­zione dei comfort mate­riali.

L'austerità non fa l'asceta, altrimenti Cro-Magnon sarebbe stato il re dei rinun­cianti! Egli era pieno di desi­deri, di paure e di igno­ranza, come – prati­ca­mente – qual­siaisi essere vivente.

Lasciare andare tutto

Se la vostra mente non ha più potere su nulla, avan­ze­rete verso la sua libe­ra­zione così come sicu­ra­mente l'acqua di un fiume scorre verso l'oceano.

Immaginate che la vostra mente sia una barca sul fiume della vita. Quando vi impi­gliate da qualche parte, gettate un'ancora, permet­tete ogni attracco, voi non andrete più avanti.

Più si lascia andare, più si abban­dona, più si pulisce, più ci si libera, più si rinuncia e più si assa­pora una libertà auten­tica.

Kassinu il detrattore

Se tu rinunci a tutto, non ti resta più nulla! Deve essere molto triste la vita così!

Questa me l'aspettavo! In risposta, ecco una parola, nonchè il capitolo seguente…

isi Dhamma a detto:
La vera felicità non è ottenere ciò che si vuole. È non volere più.

La vera ricchezza

Io sono molto più ricco di un uomo d'affari miliar­dario, poiché possiedo molto tempo libero. E come consi­de­rarsi libero, o anche ricco, quando non si ha prati­ca­mente del tempo libero? Solo con la rinuncia questo è possi­bile. Anche un povero, se non rinuncia a nulla, non avrà nessuna libertà. Sarà intrap­po­lato nelle sue abitu­dini, nelle sue perce­zioni e nell'imma­gine che ha di se stesso.

isi Dhamma a detto:
Quando si rinuncia al denaro, la vita diventa ricca.

Teoricamente, i vantaggi della ricchezza materiale sono tanto apprezzabili gli uni come gli altri:

  • Comfort
  • Gioia
  • Sicurezza
  • Scelta
  • Benessere
  • Felicità
  • Soddisfazione

Tuttavia, contrariamente a quello che i film, i videogiochi e la pubbli­cità riescono a farci credere, il denaro è lontano dal fornire la soddis­fa­zione. Anzi si veri­fica il contra­rio: più se ne ha e più se ne vor­rebbe ancora, quindi meno si rag­giun­ge l'appa­ga­mento. Questo è il prin­cipio dell'avidità. Anche gli uomini e le donne più ricchi del pianeta risen­tono della mancanza di cias­cuno dei van­taggi citati nell'elenco sopra.

Se il denaro donasse soddisfazione, tutti i ricchi del mondo ne sareb­bero ricolmi. Sareb­bero così gene­rosi che non manche­rebbe più nulla a nessuno sulla Terra.

Beninteso, esistono persone ricche relativa­mente soddis­fatte. Tuttavia, il loro benes­sere deriva dal compor­ta­mento della loro mente più che dai loro possessi.

Se solo la ricchezza spirituale è in grado di offrire comfort, gioia, sicu­rezza, scelta, benessere, felicità e soddis­fa­zione, allora non è lei che, più di ogni altra cosa, vale la pena di essere coltivata?

Noi vogliamo sempre essere indipen­denti. Tuttavia, le nostre deci­sioni e azioni non contri­bui­scono che a una dipen­denza sempre maggiore. Non varrebbe la pena di metterle in discus­sione?

Ricordatevi molto bene: il distacco è la chiave della vera ricchezza.

Per non rischiare amari rimpianti, aprite i vostri occhi inte­riori fin d'ora. Non aspet­tate di essere vecchi(e) o morti(e) per colti­vare il dis­tacco. Questo diventerà – soprat­tutto nel caso della morte – molto più dif­ficile.