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10 aspetti su cui lavorare agevolmente, per svilup­pare lenta­mente ma sicura­mente la saggezza, indis­pen­sabile alla realiz­za­zione spiri­tuale.

Suggerimento
Non dimenticate di meditare. Se leggete gli arti­coli di questo sito senza pra­ticare, è come se pian­taste dei semi senza annaf­fiarli.

Come sviluppare la saggezza?

Questa è una materia che non viene insegnata a scuola, eppure è molto più impor­tante di qualsiasi altra! Inoltre, qualunque cosa facciamo, siamo sicuri di poter­cene avvalere, soprat­tutto se non facciamo nulla!

Questi sono gli aspetti sui quali vi propongo di riflet­tere un po'…

  • Immergersi nel banale
  • Accettazione
  • Umiltà
  • Ridurre gli attaccamenti
  • Coltivare le buone terre
  • Equanimità
  • Solitudine
  • Essere come un bambino
  • Ampliare la visione
  • Gratitudine

Immergersi nel banale

Conosci te stesso!

La ricerca della saggezza richiede di tener conto di molte cose. Tuttavia, se si dovesse scegliere una sola raccoman­da­zione:

  • Osservare il comportamento della propria mente.

È irragionevole voler conoscere ciò che ci circonda prima di conoscere se stessi. Ma questo è più o meno ciò che fanno tutti. Peccato, perché la mente supera ogni cosa; è oltre il tempo e lo spazio. Comunque, pren­dia­moci una pausa dalla filosofia e immer­gia­moci nel cuore del concreto…

“Osservare la mente” è solo un modo di dire, poiché la mente è invisi­bile; non è una cosa che si può percepire. Quando si “osserva la mente”, ciò che si vede in realtà è ciò che la mente speri­menta e le sue succes­sive reazioni.

Una grande ricchezza: le difficoltà

Quando si sperimenta un assorbimento profondo, la mente non ha prati­ca­mente più nulla da percepire, e di conse­guenza più nulla da osser­vare. Per evitare tempo­ra­nea­mente ogni forma di disagio e di insod­dis­fa­zione, è l'ideale. Ma per colti­vare la saggezza, è inutile. Per realiz­zarsi inte­rior­mente, tanto più confronto c'è, meglio è. Scappare dalle diffi­coltà equivale ad accumu­larle e a riman­darle a più tardi.

Osservazione
Ciò che presenta difficoltà è più facile da osser­vare di ciò che non ne presenta ed è piace­vole, poiché quest'ultimo induce la mente a goderne, a disca­pito della vigilanza.

Abituiamoci quindi a vedere le difficoltà come delle grandi oppor­tu­nità. Può diventare come un gioco, che diventa coin­vol­gente quando compaiono attacchi da tutte le parti. Così, dopo aver riscon­trato un problema, potreste ritro­varvi ad esclamare:

  • Yuuu, ecco finalmente qualcosa di interessante!

Difficoltà o meno, chi aspira alla saggezza non esita mai a penetrare la realtà; egli esamina con pazienza e curiosità l'espe­rienza vissuta, scru­tando ogni sua minima reazione, positiva o negativa che sia.

L'autentica saggezza non si nasconde in espe­rienze straordi­narie, come visioni del futuro, luci beati­fi­canti o contatti telepatici. Al contrario, si costruisce a partire dagli elementi più ordinari della vostra quoti­dia­nità, sempre gli stessi, ancora e ancora, ma in modo sempre più appro­fon­dito. Ricordate la metafora della scala senza sorprese.

Amare la banalità

Se parole come banale, quotidiano o ordinario richiamano alla vostra mente la noia, è unica­mente perché ne avete un'idea sba­gliata. Si può anche temere la noia, eppure la noia non esiste. Comin­ciando ad esami­narla a fondo, scopri­rete di non riuscire a trovare niente che possa essere considerato noioso.

Nel “banale”, il meditatore vede, al contrario, solo cose positive: stabilità, semplicità, regolarità, chiarezza, riposo…

Metafora del 33 giri

Alcune zanzare sono rinchiuse in un conte­nitore traspa­rente, chiuso all'es­tre­mità superiore con un disco. Tenen­dosi a distanza dal vinile opaco, conti­nuano a sbattere contro le pareti del conte­nitore, eccitate dallo spazio esterno che le attrae.

Una zanzara più sagace comincia ad esaminare il disco. Finisce per esami­narlo così a fondo che proprio davanti a sé trova il piccolo buco centrale, che la rende libera.

La saggezza cresce con la risoluzione dei problemi, delle difficoltà. E per sapere su quali diffi­coltà lavorare, l'imba­razzo della scelta - in senso proprio - non è necessario. Basta prendere le prime che ci si presentano. Proprio come per un sentiero bloccato da tronchi e da rami. Ci si preoc­cupa di ciò che abbiamo davanti, non di ciò che si trova a chilo­metri di distanza e di cui non si è nemmeno sicuri!

difficoltà
Nel nostro contesto, non si tratta di difficoltà come ricevere una bolletta troppo alta o di spostare un armadio al piano di sopra, ma piut­tosto di natura emotiva o spiri­tuale. Si tratta di situa­zioni che, per natura, sono perce­pite come diffi­cili solo quando la saggezza non è suffi­cien­te­mente matura. Esempi:
  • essere vittima di una mancanza di rispetto
  • eliminare un'abitudine malsana
  • resistere a un attaccamento
  • confrontarsi con cose spiacevoli

Via di fuga

Quando manca la saggezza, la mente tende, in caso di diffi­coltà, a preci­pi­tarsi verso la prima via di fuga in vista. Invece, la via di fuga più vantag­giosa è pene­trare così a fondo la diffi­coltà che non la si vede nemmeno più!

Metafora della luna piena

Quando la Luna è perfettamente piena, non la si vede più. Infatti, la Terra le fa ombra; è l'eclissi lunare.

Accettazione

La prima cosa da sapere e da ricordare, per un'agevole pratica di accetta­zione, è che:

Tutto ciò che ci accade, fino all'ultimo detta­glio, è esatta­mente ciò su cui dobbiamo lavorare.

Quanto più accettiamo una difficoltà, tanto minore sarà l'impatto che avrà su di noi; quindi, finirà per non rappre­sen­tare più una diffi­coltà. Per realiz­zarci è quindi impor­tante accet­tarsi per come siamo, con tutte le nostre debo­lezze e tutti i nostri difetti, anche e soprat­tutto quelli che siamo abituati a masche­rare.

La saggezza richiede inevitabilmente il pieno rico­nos­ci­mento dei propri difetti. Perché aspet­tare? L'inizio non è molto piacevole, ma non dura a lungo e rapi­da­mente si speri­menta un grande appa­ga­mento. È esatta­mente come entrare in acqua: in un primo momento è un po' fredda, ma alla fine diventa molto piace­vole.

L'accettazione funziona come la scultura. Ossia, non si può affrontare una nuova diffi­coltà tutta in una volta.

Metafora della scultura

Lo scultore inizia a lavorare con un grande scalpello, poi impiega progres­si­va­mente stru­menti sempre più precisi, fino a rifi­nire ogni più piccolo dettaglio.

Essere saggi significa essere ragionevoli. Si rimane ragio­ne­voli nei propri desideri, ma anche nelle proprie contes­ta­zioni. Ossia si coltiva l'equili­brio tra il credere in ogni cosa, senza discer­ni­mento, e il barri­carsi dietro uno scetti­cismo di ferro.

Nel corso della pratica, l'accettazione è inizialmente goffa, ma a forza di appli­carla ogni volta che una diffi­coltà analoga si ripre­senta, diventa più profonda, più sottile. La cosa mera­vi­gliosa è che ciò su cui ognuno deve lavorare conti­nuerà a ripre­sen­tarsi fino a quando non sarà comple­ta­mente risolto.

Sapendo che la situazione di ognuno corris­ponde perfet­ta­mente a quello di cui si ha bisogno per il proprio sviluppo spiri­tuale (anche se per molti sembra più o meno stagnante), è del tutto inutile essere gelosi degli altri.

Per consentire questa progressione, la mente deve essere il più rilas­sata possi­bile. Con la minima tensione, l'accetta­zione rimane incom­pleta.

Quando l'accettazione raggiunge la piena maturità, compren­diamo che ogni cosa è per­fetta­mente al suo posto. Ecco perché è inutile cercare di cambiare conti­nua­mente le cose. Se lo facessimo, otterremmo solo frus­tra­zioni. L'accet­ta­zione è la via della felicità!

Umiltà

L'umiltà è una forma di accettazione. È un vero e proprio pilastro della saggezza. Ed è più che compren­sibile quando si sa che l'umiltà è assenza di ego, e che l'ego è il prin­cipale ostacolo alla saggezza.

L'umiltà è una forza delicata che mette in luce ciò che va corretto, mentre l'orgo­glio è una forza defor­ma­trice che ci fa vedere il gros­so­lano come fosse raffi­nato.

Perché sì, l'umiltà riconosce le cose come sono. Non cerca mai di nascondere, tras­for­mare o abbel­lire nulla. Senza umiltà si devia dalla verità, condan­nan­dosi così a vagare nell'illu­sione.

Ridurre gli attaccamenti

In che modo lavorare?

Come suggerisce il termine, gli attaccamenti impediscono alla saggezza di prendere il volo, proprio come una mongolfiera attaccata ai suoi ormeggi.

Ecco perché è così importante lavorare sui propri attac­ca­menti. In che modo procedere? Non si forza, altri­menti ne conse­gui­rebbe man­canza e frus­tra­zione. Non si è troppo permis­sivi, altri­menti ci si arena. L'unico modo per ridurre i propri attac­ca­menti è conos­cerli, rico­nos­cerli, ancora e ancora.

Ogni volta che sorge un desiderio, cerchiamo di esserne piena­mente consa­pevoli, di discer­nerlo con attenzione, di sco­prirne gli svan­taggi. Ci si abitua così ad astenersi poco a poco da tutto ciò che è sfavo­re­vole, quindi futile. E Dio sa quanto le nostre vite siano piene zeppe di futilità!

Non dimentichiamo che il desiderio ci rende insod­dis­fatti, oltre che ciechi. Questo è il motivo per cui la saggezza è l'opposto dell'attac­ca­mento.

Céline Idlas ha detto:
Il trucco sta nel saper cedere se il desiderio è troppo forte e non cedere quando non è così forte. È tutta una ques­tione di equi­li­brio, di trovare il giusto com­pro­messo.

Sollievo

Le convinzioni sono un serio ostacolo alla saggezza. L'ideale è riuscire ad abban­donare tutte le proprie credenze. Non c'è nulla in cui credere, sola­mente tutto da vedere, da capire da sé, grazie alla vigi­lanza, all'osser­va­zione diretta e a pro­fonde prese di coscienza.

Se la rinuncia spesso spaventa, è solo perché viene fraintesa. Si rinuncia solo a ciò che è causa di soffe­renza. La rinuncia è un sollievo. Si lascia andare tutto ciò che ci crea infeli­cità. La rinuncia non è nient'altro.

Il vero problema è confondere i nostri attacca­menti con la nostra felicità. Confon­diamo l'origine delle nostre insod­dis­fa­zioni con quella delle nostre soddis­fa­zioni. Ecco perché è impor­tante meditare rego­lar­mente per svilup­pare una buona capacità di discer­ni­mento.

Minimalismo

Chi è dotato di una grande maturità spirituale rinuncia alla maggior parte di ciò che fanno gli esseri ordinari. Ha, ovvia­mente, una virtù impecca­bile. Inoltre, non guida, perché questo non è compa­ti­bile con la sempli­cità e il mini­malismo del suo modo di vivere. Occorre precisare che non fuma?

Non gioca. Giocando, ci si distrae, si perde o si vince. Quando si perde, si sviluppa irrita­zione, frustra­zione. Quando si vince, si sviluppa ecci­ta­zione, avidità, orgoglio. Anche se le perdite e i guadagni sono fittizi, le emozioni - questi stati malsani - sono reali.

Kassinu il detrattore

Se ho capito bene, un saggio è una statua!

Esatto! È una statua, ma invece di essere fatta di pietra o di bronzo, è fatta di feli­cità e di pace.

Quando si è ben distaccati, ci si accontenta del minimo indis­pen­sa­bile, non si spreca nulla. Il saggio è per defi­ni­zione tutto ciò che c'è di più ecologico. Grazie alla sua quiete inte­riore, la sua vigi­lanza è ben conso­li­data. Di conse­guenza, la sua atten­zione si diffonde ovunque, renden­dolo piena­mente ricet­tivo al suo am­biente.

In pezzi distaccati

Quando si comincia a vedere il mondo in pezzi distaccati, le passioni crollano, e tutto diventa emo­zio­nante da osservare. È il modo migliore per dis­tac­carsi.

Se imparassimo a percepire le cose distin­ta­mente, non avremmo attac­ca­menti. La mente si attacca perché fa delle asso­cia­zioni. Rifletteteci a fondo quando siete tor­men­tati(e) a causa dei vostri attac­ca­menti.

Diventare saggio significa quindi rinunciare, abban­donare, decos­truire, lasciare andare, disat­ti­vare, disin­vestire.

Coltivare le buone terre

Coltivare la saggezza non significa acconten­tarsi di essere un po' più maturi della media, ma significa saper con­fron­tarsi con i propri più piccoli difetti in ogni momento. Colti­vare la saggezza signi­fica inoltre saper cogliere ogni più piccola oppor­tu­nità, ovunque esse si trovino.

Non esitiamo quindi ad ascoltare con umiltà i più piccoli, che hanno minore espe­rienza di sé. C'è sempre qualcosa che loro sanno e che noi non sappiamo. Anche se non dicono niente di inte­res­sante, si impara anche solo osser­van­doli.

In passato, gli anziani erano considerati portatori di saggezza. Il loro ruolo era dunque impor­tante nella società. Al giorno d'oggi invece sono spesso consi­de­rati come apparecchi fuori servizio diven­tati ingom­branti. Così li si lascia marcire in istituti troppo spesso mal­fun­zio­nanti, in modo da non avere osta­coli nell'inse­guire i piaceri.

La lunga esperienza di vita dei nostri anziani è tuttavia una preziosa ricchezza che chiede solo di essere interpellata. Coloro che hanno conosciuto molteplici epoche meritano orecchie attente.

Saper ascoltare attentamente gli altri, indipen­den­te­mente dalla loro età, espe­rienza e conos­cenza, è il miglior mezzo sociale per colti­vare la saggezza. In questo modo è possibile benefi­ciare di ciò che ci vuole una vita intera per capire e di infor­ma­zioni utili al benessere di tutti.

La saggezza si nasconde ovunque. Sta a voi saper tenere gli occhi aperti!

Equanimità

Cerchiamo di essere come una montagna, che riceve il sole, i venti, la pioggia, la neve e i pro­gressi degli uomini, senza battere ciglio.

Wikipedia offre una notevole spiegazione dell'equanimità:

Estratto di Wikipedia sull'equanimità
Passiamo molto tempo a opporci, a lottare, a respingere, a non accettare situa­zioni e persone. Eppure tutto è imper­ma­nente. Deside­riamo solo ciò che è piacevole, gradevole e benefico, ma questo genera molta ansia e soffe­renza. Se permet­tiamo alle cose di essere ciò che sono, se le accet­tiamo, allora prove­remo una grande pace.

Con l'equa­ni­mità, ogni istante è perfetto, il nostro cuore si apre a ciò che è piace­vole, così come a ciò che è spia­ce­vole. Siamo tolle­ranti verso ciò che è sgrade­vole. Con la pratica, l'equa­ni­mità si sviluppa e diven­tiamo capaci di lasciare andare, di accet­tare e di vedere le cose come sono real­mente. La saggezza e la compren­sione emergono natu­ral­mente.
Ajahn Chah ha detto:
Sii semplicemente vigile e lascia che le cose seguano natural­mente il proprio corso. Allora la tua mente diven­terà chiara come uno stagno nella foresta.

Solitudine

Non si tratta necessariamente della solitudine fisica, che consiste nell'isolarsi da tutto e da tutti. Stiamo parlando di una solitu­dine inte­riore: non si fa più affi­da­mento su nessuno, se non su se stessi. Quindi, non si chiede nulla e non ci si aspetta nulla. Tenendo conto, tuttavia, che i fabbi­sogni primari del saggio finis­cono sempre per essere soddis­fatti, anche se egli non se ne pre­oc­cupa.

Più di ogni altra cosa, il saggio rimane mental­mente indi­pen­dente. Non cerca mai il rico­nos­ci­mento degli altri. Il rico­nos­ci­mento se lo dà da sé. È auto­suffi­ciente.

Qualunque cosa si pensi di lui, non gli importa. Perché? Perché sa che si tratta solo di pensieri sogget­tivi, e che l'ego non esiste. Coloro che si arrab­biano sono coloro che credono e si attac­cano all'esis­tenza del loro io.

Cercare compagnia è voler rafforzare il proprio io. In effetti, questo equivale ad esistere attra­verso lo sguardo degli altri.

Quindi solitudine significa saper liberarsi dallo sguardo degli altri. Per questo il saggio può rimanere allegro anche se tutti lo deni­grano. Natural­mente, è molto tollerante.

Il saggio agisce secondo ciò che sa essere appropriato e non per confor­mità. Non è una pecora; è padrone di se stesso.

Marco Aurelio ha detto:
Ogni Uomo ha il profondo dovere di non preoccu­parsi di ciò che non dipende da lui, ossia dei beni mate­riali, degli onori, dell'opinione altrui, ma per contro deve essere perfet­ta­mente padrone delle proprie emozioni, pareri, opi­nioni e giudizi, la sola cosa di cui ha il controllo totale.

Essere come un bambino

Non si tratta di giocare con le bambole o di far esplo­dere dei petardi. L'idea è quella di mante­nere, se non di ritornare, alle abitu­dini infan­tili, quelle sane, virtuose e favo­re­voli al discer­ni­mento, ma purtroppo minate con l'ingresso nel mondo adulto da numerose abitu­dini mentali che non lasciano molto spazio allo sviluppo spiri­tuale.

Per rendere lo sviluppo della saggezza un gioco da ragazzi, siate come un bambino! Un bambino…

  • (Si) pone delle domande per comprendere il mondo, come funzionano le cose.
  • Non si preoccupa per il giorno dopo, vive alla giornata.
  • È educato (evita la volgarità), tiene un profilo basso.
  • Ignora tutto ciò che riguarda il sesso.
  • Non beve alcolici.
  • Detesta il fumo.
  • Non è interessato al denaro.
  • Non investe in progetti complessi.
  • Non esce la sera.
  • Va a letto presto.
  • Non dà importanza al proprio abbigliamento.

Evitate tuttavia i difetti tipici dei bambini: forti attac­ca­menti, ricerca costante di distra­zioni, igno­ranza, incos­cienza del pericolo, ecc.

Ampliare la visione

Per ampliare la propria visione, bisogna prima smettere di disper­derla. Se guardate ovunque nello stesso momento, la vostra osserva­zione perderà di forza. Al contrario, se foca­liz­zate la vostra visione, sarete in grado di pene­trare in dettaglio ciò che osser­vate. Una volta che l'oggetto della vostra atten­zione è ben definito da un'ango­la­zione, potrete prendere in consi­de­ra­zione di pene­trarlo da nuove angolazioni. Così, a poco a poco, la vostra visione si amplierà.

In ogni caso, il cervello non è in grado di elaborare più di una cosa alla volta. Fare più cose contem­po­ra­nea­mente è solo un'illusione. In realtà, quando si guida e nel contempo si chiacchiera e si leggono messaggi, il cervello oscilla da un'atti­vità all'altra. In un dato momento, può essere presente solo a una cosa. È come uno schermo che può visualizzare una sola immagine alla volta.

Passare frequentemente da un'attività all'altra non solo è este­nuante, ma rende super­fi­ciale l'atten­zione su ciascuna di esse. Più la mente limita le attività, più il cervello rimane fresco, più l'atten­zione è pene­trante, più la visione può ampliarsi. E di conse­guenza, meglio la saggezza può fiorire.

Una visione ampia permette di comprendere il pericolo che si annida in ogni desi­derio e, quindi, di distac­car­sene con natura­lezza.

Nella società odierna, dove al consumo viene data più importanza che a qualunque altra cosa, tutto contri­buisce a farci credere che manchi sempre qualcosa. Una mente saggia, al contrario, tende­rebbe piut­tosto a credere che ci sia sempre qualcosa di troppo.

Effettivamente, se proviamo continuamente un senso di insoddis­fa­zione, è proprio perché facciamo sempre qualcosa di troppo. Se riduciamo al minimo i nostri consumi e i nostri piaceri, diventa molto più facile evitare i problemi. Lo stato che più si avvicina alla felicità è quando la mente è perfet­ta­mente immobile, assorbita in se stessa, fuori dalla portata dei sensi (grazie alla medita­zione profonda).

La saggezza è l'unico modo per liberarsi dalla prigione del mondo… Ma bisogna anche voler­sene liberare!

Aldous Huxley ha detto:
La dittatura perfetta avrà sembianza di democrazia. Una prigione senza muri nella quale i prigio­nieri non sogne­ranno di fuggire. Un sistema di schiavitù dove, grazie al consumo e al diver­ti­mento, gli schiavi ameranno la loro schiavitù.

Gratitudine

Cugina della benevolenza e della contentezza, la gratitudine è una disposizione magica della mente. Avvolge di benessere le situa­zioni più diffi­cili. È saggezza in sé e, per giunta, acces­sibile immedia­ta­mente e a chiunque. Da svilup­pare senza mode­ra­zione!

Laurent Gounelle ha detto:
Allenandoci nella gratitudine, passiamo dall'essere delusi all'essere bene­detti.

Non siete abituati a provare gratitudine? È così semplice ed è una pura felicità. Qualsiasi cosa vi accada, anche una serie di sventure, c'è sempre un detta­glio positivo. Dovete solo concen­trarvi su di esso. Sappiate anche che il primo benefi­ciario della grati­tu­dine sarete voi stessi! Inoltre, è incre­di­bil­mente apprez­zata. E può anche essere conta­giosa.

Il mondo è solo un riflesso della mente. Diventate mera­vi­gliosi e il mondo sarà mera­vi­glioso. Quanto più vi concen­tre­rete sulle cose buone che vi accadono e più sarete felici.

Eckhart Tolle ha detto:
Il riconoscimento di tutto il buono che c’è nella vostra vita è l’inizio di ogni abbon­danza.

Come avrete capito, la gratitudine è il modo migliore per vedere il lato positivo delle cose, ma anche per irra­diare benessere, anche - o meglio, soprat­tutto - con poco. Senza grati­tu­dine, invece, si può cadere nella trappola, pur­troppo molto frequente, dell'in­gra­ti­tudine. È quindi, al contrario, il modo migliore per vedere il lato negativo delle cose, ma anche per molti­pli­care il malessere.

Per riempirsi di gratitudine, è inutile andare a gridare ai quattro venti la propria rico­nos­cenza. Essere consa­pe­voli di essere fortu­nati a bene­fi­ciare di ciò che si ha è sufficiente. In seguito, più spesso ne saremo consa­pe­voli, più grande e naturale diven­terà la grati­tudine.

La gratitudine non è destinata solo alle persone o agli animali, ma anche alle piante, agli oggetti, alle situa­zioni… Perché sì, la grati­tudine è soprat­tutto apprez­zare fino in fondo ciò che è positivo.

In conclusione

Per consentire alla saggezza di svilupparsi, non fuggite dalla vostra quoti­dia­nità, consi­derate le vostre diffi­coltà come grandi amiche, gettate nella spaz­za­tura i vostri attac­ca­menti inutili, imparate da tutti, compresi gli ignoranti, siate auto­suffi­cienti, tornate ad essere un bambino, limitate le vostre attività all'essen­ziale, rimanete vigili, con­cen­trati(e) su ciò che è sano e positivo.
 

Osservazione
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