Le credenze
La religione
La convinzione è il primo ostacolo alla saggezza. La convinzione è prendere una credenza per una certezza.
Un caso di scimmie
Suppongo che conosciate l'esperimento delle scimmie sotto la doccia. In caso contrario, leggete il riquadro sottostante.
Ci sono cinque scimmie in una gabbia. Sopra di loro è appesa una banana. Ogni volta che una scimmia afferra la banana, viene sostituita da un'altra, ma prima tutte le scimmie ricevono una doccia ghiacciata.
Le scimmie presto capiscono che è la banana a far scattare la doccia. Da quel momento in poi nessuna di loro osa più toccare la banana. Una delle scimmie viene sostituita. Quando la nuova scimmia si avvicina alla banana, le altre la dissuadono fortemente, pronte a ricorrere alla violenza in caso di disobbedienza.
Una seconda scimmia viene sostituita. Le reazioni che seguono sono le stesse. Viene sostituita una terza, poi una quarta.
Una volta che tutte le scimmie sono state sostituite e quindi nessuna di loro ha sperimentato la doccia ghiacciata, quest'ultima potrà essere tranquillamente disattivata, perché nessuna scimmia oserà avvicinarsi alla banana, né lasciare che un'altra si avvicini ad essa.
Quale altro esempio potrebbe illustrare meglio le cieche credenze perpetuate dalle religioni? Quanti religiosi si astengono dalle “banane” senza nemmeno conoscerne il motivo? Quante “scimmie” osservano le norme religiose senza che nessuna di loro ne comprenda con chiarezza il significato?
Non si tratta di condannare le religioni gettando i loro scritti nel fuoco, ma di aprire la nostra mente, di capire esattamente ciò che stiamo facendo, di trovare il modo per procedere che ci permetta di svilupparci spiritualmente nelle giuste condizioni.
Il dogma uccide lo spirituale
Immaginate un mondo in cui a tutti è richiesto di fare uso delle stesse cose, che lo vogliano o meno: stesso cibo per tutti, stesso sport, stesso hobby e, naturalmente, stesso abbigliamento, stesso taglio di capelli, stesso profumo.
Se ci riflettete con estrema franchezza, vi accorgerete che la religione funziona allo stesso modo. Propone le stesse cose a tutti. Tuttavia, ogni individuo ha una propria psicologia, un proprio ritmo e un proprio modo per sviluppare la spiritualità.
Con un intento benefico, le religioni si sono organizzate in modo da trasmettere al maggior numero possibile di persone una pratica standard, unica. Essa avrebbe dovuto permettere a tutti di accedere ad un certo grado di virtù, o ad un certo grado di apertura interiore, o almeno verso i cosiddetti aspetti sacri.
Come monito ad una solida etica, una dottrina rigida ha il vantaggio di offrire un filo conduttore ragionevole al materialista, ma non può accontentare l'aspirante allo spirituale, colui che cerca la libertà autentica.
Nel corso dei secoli, oltre a dividersi, le religioni si sono modificate. Ossia, alcune pratiche sono scomparse, altre si sono affermate.
Ad ogni modo, per adattarsi allo stampo “taglia unica” delle religioni, la credenza è diventata necessaria, a scapito della comprensione. Di conseguenza, se la religione può rivelarsi un rassicurante faro per molti, è inadatta per coloro che desiderano approfondire questioni fondamentali a proposito della propria mente.
Tuttavia, sembra probabile che negli insegnamenti religiosi originali fu trasmessa l'autentica spiritualità. Ma con il tempo e a forza di conformarsi alle volontà politiche e alle consuetudini sociali, le religioni finirono per bandire ciò per cui furono fondate.
Un peccatore un giorno si lamenta con Dio:
- Non posso entrare nelle chiese, mi cacciano dappertutto dicendomi che sono impuro e che quello non è il mio posto!
- Oh, sai, dovrai abituarti. Persino io, che sono Dio, non ho il permesso di entrare nelle chiese da molto tempo!
Una questione personale
Che senso ha, se non si è un appassionato della materia e delle scritture, attaccarsi al sistema religioso e a tutto il suo fardello di credenze imposte? La meditazione, invece, così semplice, così accessibile, così personalizzabile e così concreta, offre talmente tante cose meravigliose. Perché privarsene? Quando la si prova, non ci vuole molto per scoprire le meraviglie che offre… (l'aggettivo “profondo(a)” può essere aggiunto dopo ogni parola)
- benessere
- lucidità
- comprensione
- distacco
- benevolenza
- quiete
- soddisfazione
Grazie alla meditazione non abbiamo più niente in cui credere, ma tutto da vedere, da soli e in modo diretto. La verità non viene più affermata o descritta, diventa naturale per chi si dedica al lasciar andare senza preoccuparsi di nulla.
Non cercate la verità. Abbandonate solamente le vostre opinioni.
La responsabilità
Chi lavora per liberarsi dai propri condizionamenti, per rinunciare a ciò che è dannoso, per accettarsi pienamente così come si è, non ha sicuramente bisogno di una religione.
Una delle insidie della religione consiste nel disfarsi delle proprie responsabilità, affidandosi ad un'autorità divina. Inoltre, si tende ad allentare la propria vigilanza, perché ci si convince che un dio o degli angeli svolgeranno tutto il nostro lavoro in cambio di qualche misera preghiera. Tuttavia, affrontare da soli i propri problemi è ovviamente l'unico modo per risolverli in profondità e, di fatto, per sviluppare la spiritualità.
È interessante notare che l'atteggiamento del credente nei confronti della sua religione è molto simile a quello del cittadino di fronte allo Stato. Quest'ultimo trasferisce le proprie responsabilità alla società. Piuttosto che organizzarsi autonomamente, si affida ad un sistema.
Un'inondazione minaccia un villaggio. I pompieri evacuano tutti gli abitanti, ma il parroco vuole rimanere nella sua chiesa.
«Ho fiducia in Dio, egli mi risparmierà!»
Un'ora dopo, l'acqua è salita e il parroco si rifugia al piano di sopra. I pompieri passano in barca e lo esortano ad andare con loro. Ma il parroco si rifiuta ancora:
«Non abbiate paura per me, sono sotto la protezione di Dio!»
L'acqua sale ancora e il parroco si ritrova sul tetto. Questa volta, un elicottero cerca di soccorrerlo, ma il parroco rifiuta di afferrare la scaletta di corda.
«So che Dio è con me, l'acqua smetterà di salire.»
Qualche ora dopo, l'acqua porta via tutto e il parroco muore annegato… Arrivato in cielo, si lamenta con Dio:
«– Avevo fede in Te e Tu mi hai dimenticato!
– Ti ho mandato tre volte i soccorsi e per tre volte li hai rifiutati!»
La religione è un placebo
Un'altra insidia della religione consiste nel convincersi delle cose più astratte. Quando non è possibile verificare da sé, l'unica alternativa, quando si intende aderire, è credere. Il fatto stesso di credere blocca la possibilità di comprendere. E ciò è pericoloso, poiché spalanca la porta all'ignoranza e alle interpretazioni distorte.
Inoltre, trasmessa da religiosi che credono (piuttosto che comprendere), la religione - qualunque essa sia - subisce regolarmente, oltre a scissioni, trasformazioni che, di conseguenza, finiscono per non seguire più una logica di saggezza. Così, i punti essenziali tendono a scomparire, mentre gli aspetti più superficiali, come i rituali, si proteggono gelosamente.
La religione trasformata
Non occorrono lunghi studi per capire che le religioni sono delle versioni molto scialbe dei loro insegnamenti originali. Potremmo parlare di religione nello stesso modo in cui parliamo di alimenti trasformati:
Hanno lo stesso aspetto di quelli naturali, ma hanno molto poco a che fare con essi. E sono privi di sostanze nutritive. Eppure, vengono consumati da tutti. Per una qualità autentica, bisogna recarsi in luoghi isolati, poco conosciuti, lontano dai grandi distributori. Accecati da ciò che luccica, pochi sono a conoscenza dei pericoli nascosti in ciò che consumano.
Non è tutto oro quel che luccica.
A proposito di interpretazioni azzardate, ci si può sempre divertire con questa formidabile coincidenza: Alcuni buddisti vedono apparire Buddha un po' ovunque, alcuni cattolici vedono la Madonna, alcuni scivaiti vedono Shiva… Mai un musulmano vedrà Gesù, mai un cristiano vedrà Vishnu. Sembra così difficile, o comunque così poco interessante, vedere se stessi, così come siamo.
Eppure ci vuole solo un po' di coraggio e pazienza e prendere atto che i benefici valgono molto di più delle più grandi consacrazioni religiose. Perché, in definitiva, non è conoscersi e realizzarsi interiormente l'obiettivo originale di tutte le religioni? Se no, qual è?
Se un uomo giunge al cuore della propria religione, è giunto al cuore anche delle altre.
I rituali
Che cos'è un rituale?
Qual è la differenza tra una superstizione e un rituale? Quest'ultimo è obbligatorio. Per il resto, entrambi sono identici.
È necessario condurre studi scientifici per dimostrare che le persone che si dedicano regolarmente a rituali non sono né più felici, né più fortunate, né più sagge, né più virtuose di quelle che non lo fanno mai?
I rituali sono molto vari, vanno dal piccolo gesto quotidiano alla vasta e complessa cerimonia. Esempi:
Prostrarsi davanti a una statua, recitare testi detti sacri, maneggiare oggetti detti sacri, bagnarsi in acque dette sacre…
L'origine dei rituali
Colui che si fida solo di ciò che sperimenta è immerso nell'illusione, perché come abbiamo già visto nell'articolo sull'ego, la nostra mente ci mente. Quando ci sottoponiamo ad un rituale, non facciamo altro che aggiungere un'altra illusione alle nostre illusioni.
Il vantaggio di lavorare direttamente sulla propria mente, approccio opposto al rituale, è quello di poter mettere in discussione tutto ciò che c'è da mettere. In questo modo possiamo progredire velocemente. Ma chi oserebbe mettere in discussione un rituale? Quale scimmia oserebbe dire che forse vale la pena toccare la banana o, perlomeno, cercare di capire perché è diventato sacrilegio avvicinarvisi?
Se potessimo conoscere l'origine reale dei rituali, rimarremmo letteralmente sconcertati per la maggior parte di esse. Spesso si trattò di piccoli gesti del quotidiano, che col tempo vennero più o meno simbolizzati o sacralizzati. Altre volte si trattò di esercizi pratici che vennero successivamente ritualizzati. In altri casi, furono gli spiriti ad imporre venerazioni, attraverso l'intermediazione di medium. A volte l'origine potrebbe persino essere stata molto più divertente, come il tic nervoso di un maestro o un suo gesto per allontanare gli insetti, chi lo sa?
Il rituale dell'acqua
È un rituale praticato al giorno d'oggi e la cui origine è nota. Molto popolare tra i buddisti, in particolare in Birmania, è un must per le offerte fatte alla comunità monastica. Dopo una lunga serie di recitazioni, i monaci recitano a loro volta una lunga formula che conoscono a memoria, a forza di ripeterla ogni settimana. Per tutta la durata, i partecipanti versano lentamente in un recipiente d'argento un sottile filo d’acqua contenuta in una brocca d'argento decorata, in modo che l'acqua scorra durante tutta la recitazione della formula.
Nella mente dei credenti, questo rituale è necessario (come qualsiasi altro!) per beneficiare pienamente dei meriti generati dall'offerta. Qual è l'origine di questo strano rituale?
Al giorno d'oggi, quando qualcuno dona qualcosa di consistente, come un edificio in un monastero, capita spesso che non lo doni completamente. Vale a dire che, nel peggiore dei casi, il benefattore si concede il diritto di usarlo egli stesso, o decide in merito alla funzione di detto edificio, a chi può risiedervi, ecc. Come minimo, fa incidere il proprio nome, si vanta della sua buona azione con tutti.
Poiché la mente umana è quello che è, ciò naturalmente accadeva anche al tempo del Buddha. Un benefattore offrì un monastero al Beato. Volendo mostrare l'autenticità della sua generosità, davanti a Buddha e pubblicamente, gettò a terra una brocca d'acqua che andò in frantumi, poi disse:
- Così come non posso recuperare quest'acqua assorbita dalla terra, con la donazione di questo monastero, che faccio in modo distaccato e disinteressato, non cercherò di ottenere qualcosa per me stesso.
Al giorno d'oggi, si attacca la propria foto incorniciata e impreziosita del proprio nome ancor prima che il cemento del primo muro sia asciutto, ancor prima di farlo conoscere al mondo con l'aiuto di Facebook.
La cosa più sorprendente è che la maggior parte delle persone conosce benissimo l'origine di questo rituale, ma continuare a farlo è più forte di loro. Non farlo sarebbe considerato un sacrilegio. Questa è senza dubbio l'insidia principale, non solo dei rituali o delle religioni, ma anche di tutte le credenze; questo principio di “si è sempre fatto così” o “tutti lo fanno”, si potrebbe definire il complesso della banana.
L'ambiente prima di tutto
Qualunque sia il settore (religione, cultura o altro), potete notarlo ovunque intorno a voi: ciò che i nostri contemporanei fanno ha più peso rispetto a tutto resto, compreso il buon senso. Nella mente di ogni persona, più un rituale è lungo e complesso, più è efficace. È così che funziona il cervello: più una cosa è difficile da ottenere, più acquista valore. È proprio per questo motivo che il completo rilassamento è così difficile da ottenere durante la meditazione, tanto è forte l'abitudine a far sempre fatica.
Quando non si ha fiducia in se stessi, si ha bisogno di un aiuto dall'esterno. Per questo motivo, si ricorre a regole, che passano attraverso rituali o attraverso abitudini culturali, che si alimentano a vicenda.
Ho incontrato molte persone che praticano la meditazione, ma che la interrompono regolarmente per dedicarsi alle recitazioni e ai rituali. La meditazione li rende felici e li protegge da molte difficoltà, grazie alla vigilanza, alla pace e alla sana energia che procura. Ma molti pensano che la felicità e la protezione siano il frutto dei rituali. E se uno di loro fosse costretto a interrompere i propri rituali, sarebbe così sopraffatto da non riuscire più a meditare serenamente, il che non farebbe che rafforzare la sua credenza errata.
Per le persone spiritualmente ancora poco avanzate, un fattore contribuisce più di ogni altro all'adozione di rituali e recitazioni. È la sensazione di toccare qualcosa di tangibile. L'impressione di fare, che si contrappone al non fare proprio della pura pratica spirituale.
Buddha incoraggiò i suoi discepoli a ricordare le sue raccomandazioni, cogliendone pienamente il significato e applicandole nel miglior modo possibile, ma certamente non recitandole meccanicamente come formule magiche.
Per quanto riguarda la pratica dei rituali, i buddisti non hanno scuse. Non possono ignorare che Buddha ha chiaramente affermato che i rituali non hanno alcun effetto, e che fin dal primo stadio di risveglio, la credenza nella loro presunta efficacia viene meno. Ma il nostro cervello è più sociale che logico. Per esso, ciò che fa il nostro ambiente ha più peso rispetto a tutto resto.
La visione corretta
Visione e credenza
La visione corretta non è la credenza corretta, ma la comprensione corretta. È una conoscenza che deriva dall'esperienza diretta.
Finché non si vedono le cose con i propri occhi, si rimane nella credenza, il che implica incertezza. Che sia giusta o sbagliata, una credenza rimane sempre e solo una credenza. Con la credenza corretta, esiste ancora la possibilità che un'influenza ci spinga verso la credenza non corretta o la confusione. Con la visione corretta, avere dubbi non è più possibile.
Se non siete mai stati(e) sul Monte Bianco, potreste credere che la vetta sia ricoperta di neve oppure no. Se ci andate, potrete vedere e toccare la neve o la roccia. Qualsiasi cosa vi venga detta, non avrete più dubbi.
Sapete qual è la credenza errata più tenace e più difficile da sradicare? Si tratta della credenza in un “sé”, in quello che chiamiamo anche ego. Anche le pochissime persone che hanno raggiunto quello che i buddisti chiamano il “primo stadio del risveglio”, sono ancora intrappolate nella credenza errata del “sé”. La loro visione corretta è quindi incompleta, ed è per questo che sono solo al primo dei quattro stadi del risveglio.
Naturalmente, chiunque può aderire alla credenza corretta che l'ego è solo un'illusione, ma il problema è che rimane solo una credenza!
Tuttavia, quando un cieco non vede dove mette i piedi, è comunque meglio che cammini su una buona strada piuttosto che su una strada pericolosa.
Un lavoro da fare da soli
La visione corretta deve essere ricercata per conto proprio, continuando a praticare la vigilanza e l'accettazione. È un lungo processo.
Perché non ci dici direttamente di cosa si tratta? Sarebbe più semplice, no?
Se fosse sufficiente leggere un testo per avere la visione corretta, tutti sarebbero Risvegliati da molto tempo!
Questa mattina, il mio insegnante di body-building mi ha dato da fare un esercizio difficile. Avrei dovuto sollevare venti volte dei manubri pesanti. Ma sono stato fortunato, un ragazzo molto gentile mi ha aiutato. Ha sollevato i manubri al mio posto.
Inoltre, avendo io stesso ancora visioni errate, non posso permettermi di essere troppo perentorio. Sarei come un cieco che rischia di condurre gli altri al precipizio. Ciò che posso offrire, al meglio delle mie capacità, attraverso i miei scritti, è uno spunto di riflessione, per aiutare il lettore nel suo cammino. Ed eventualmente, dei suggerimenti per orientare il suo lavoro interiore (al meglio delle mie capacità). Tuttavia, nessuno può offrire formule magiche che liberano la mente altrui, né saggezza pronta “da portare via”.
Stadi di progressione
Non esiste una scala universale di progressione nella spiritualità. Eccone una inventata di mia spontanea iniziativa (vedi tabella qui sotto), sotto forma di riassunto dettagliato. In ciascuno di questi sette stadi, è possibile operare simultaneamente con uno o più dei precedenti. Al di fuori del primo, sono tutti indispensabili per lo sviluppo della visione corretta.
Stadio | Caratteristiche |
---|---|
1. Preghiere, recitazioni, rituali | Inclinazione per la dimensione spirituale. Interruzione delle abitudini e degli istinti più dannosi. |
2. Buone azioni | Riduzione dell'egocentrismo e degli attaccamenti grossolani, volontà positiva. |
3. Virtù | Cessazione graduale di tutte le azioni dannose. Purificazione. |
4. Pulizia interiore | Lavoro psicologico. Conoscenza del funzionamento mentale. Purificazione sottile. |
5. Rinuncia alla vita mondana | Perdita di interesse per il materiale e per il mondo sociale. Investimento nella vita contemplativa. |
6. Meditazione | Sviluppo approfondito della conoscenza, distacco da tutto. |
7. Saggezza | Conseguimento della visione corretta. |
Osservazioni
Sebbene il primo stadio si limiti alle credenze errate, può essere di grande utilità (vedere le sue caratteristiche nella tabella).
La maggior parte di coloro che praticano la meditazione hanno scarsamente sviluppato i due stadi precedenti (rinuncia e pulizia interiore). Prima o poi dovranno porvi rimedio.
Non è necessario seguire quest'ordine, che corrisponde soltanto ad una sequenza logica nel distacco e nel perfezionamento della visione corretta.
Inoltre, la piena realizzazione di ogni stadio (a parte il primo) consente una pratica molto più profonda dello stadio successivo.
Ogni stadio è vasto. Può dividersi in molti gradi.
Secondo le tradizioni religiose, il modo di applicare la virtù può essere più o meno ritualizzato.
Quanto più si avanza negli stadi, tanto più ci si avvicina alla realtà e, di conseguenza, tanto più si riduce il divario tra gli insegnamenti delle diverse tradizioni (entro il limite dello stadio massimo al quale esse sono in grado di condurre).
L'ultimo stadio (saggezza) non è una pratica in sé. È il risultato del completamento dei precedenti cinque.
(Bahiya sutta)
Bahiya, dovrai esercitarti in questo modo:
In ciò che è visto, ci sia solo ciò che è visto.
In ciò che è udito, ci sia solo ciò che è udito.
In ciò che è percepito, ci sia solo ciò che è percepito.
In ciò che è conosciuto, ci sia solo ciò che è conosciuto.
Ecco come dovrai esercitarti, Bahiya. Quando per te in ciò che è visto, ci sarà solo ciò che è visto, in ciò che è udito, ci sarà solo ciò che è udito, in ciò che è percepito, ci sarà solo ciò che è percepito, in ciò che è conosciuto, ci sarà solo ciò che è conosciuto, allora non ci sarà più l'aggrapparsi agli oggetti. Quando non ci sarà più l'aggrapparsi agli oggetti, non ci sarà più nessun “te” in essi. Quando non ci sarà più nessun “te” in essi, non ci sarà più nessun “te” né qui, né altrove, né nel mezzo. Questa è la fine del malessere.
La macchina del credere
Un universo di credenze
La religione è solo una delle tante credenze. Siamo abituati a “respirare” a pieno cervello una moltitudine di piccole credenze di cui non siamo nemmeno consapevoli. Queste credenze riguardano tutto ciò che costituisce la nostra vita e la nostra conoscenza, e si basano su informazioni spesso molto lontane dalla realtà:
- Le cose che ci impediscono di essere felici.
- Cosa pensa di noi questa o quella persona.
- Le nostre capacità nel realizzare un progetto.
- I nostri limiti in molti campi.
- Che cosa ci occorre davvero.
- Le nostre reazioni emotive.
- La nostra comprensione spirituale.
- Ecc.
Il nostro cervello è una vera macchina del credere. Riassumendo: crediamo a molte cose, ma ne conosciamo veramente poche. E dove ci sono credenze, di solito c'è una moltitudine di opinioni. Per questo motivo, siamo costantemente in disaccordo con moltissime persone.
Il vostro cervello umano è così grande che può ospitare tonnellate di visioni errate. Ecco perché fate così tante cose stupide che non verrebbero mai in mente ad un animale.
Sto sognando o ti stai vantando di avere un cervello piccolo? Dai, ti sto prendendo in giro! In effetti, per quanto riguarda lo sperpero neurale degli umani, chi potrebbe contraddirti?
Smettere di credere
La domanda che quindi sorge spontanea è:
- Cosa fare per uscire dalla credenza e per poter entrare nella conoscenza?
So che conoscete bene la risposta - almeno teoricamente -, ma la voglio dare ugualmente per coloro che non sono abituati a leggere i miei articoli: Bisogna prendere in considerazione solo ciò che è reale. E per “respirare” la realtà a piena mente? Basta prendere in considerazione ciò che è qui e ora. Sì, il momento presente è l'unico antidoto alla credenza e a tutta la sua miseria.
La cosa fantastica è che il momento presente è la cosa più facile da raggiungere, dal momento che si tratta soltanto di non:
- ottenere niente
- fare niente
- provare niente
- aspettarsi niente
- pensare niente
Poi le cose cominciano a presentarsi naturalmente così come sono; quindi non c'è più posto per la credenza. Dove non c'è niente, si ottiene tutto! La preoccupazione principale che ci impedisce di godere della conoscenza e della felicità pura del momento presente è questa credenza: quella di credere che troveremo sempre di meglio nel passato o nel futuro.
Quando gli fu chiesto perché i monaci che lo seguivano fossero così radiosi, il Buddha rispose che il motivo era perché non pensavano né al passato né al futuro. Infatti, quando si pensa all'uno o all'altro, ci si oscura e ci si oscura del tutto quando si pensa ad entrambi.
Mettere in discussione
Se il mettere continuamente in discussione è una prerogativa dei saggi, non è così per una mente non addestrata alla vigilanza. Nel suo stato naturale, il cervello cerca solo di semplificarsi la vita al massimo. Di conseguenza, quando si abitua ad operare in base alle credenze che ha adottato, fa in modo di doverle cambiare il meno possibile. Percepisce lo scombussolamento che ne deriverebbe come un disagio da evitare ad ogni costo.
Il saggio sa che le credenze non sono affidabili ed è consapevole del loro carattere illusorio. Le prende quindi con le pinze - perché comunque abbiamo bisogno di un minimo di concetti per vivere - ma sa metterle in discussione ogni volta che è necessario.
Le percezioni
La percezione del mondo
Ad esempio, è estremamente soggettivo affermare:
- Ai piedi di questa collina si trova un bellissimo sentiero che attraversa un bosco silenzioso. Alla fine, c'è un piccolo ristorante economico, con un'atmosfera familiare.
Un piccolo insetto invece direbbe:
- Ai piedi di questo mondo si trova una vasta ed inquietante pianura che attraversa un terribile campo di battaglia. Alla fine, c'è una montagna quadrata cava in cui ci sono dei giganti a due zampe che divorano dei giganti a quattro zampe.
In effetti, due esseri umani potrebbero vedere le cose molto diversamente. Perché alla fine il mondo non è altro che una miriade di energie e ognuno ha un modo tutto suo di interpretarlo. Ciò che chiamate mondo o vita è solo un'aggregazione di gruppi di percezioni e interpretazioni. E questi gruppi sono ciò che chiamiamo “visioni del mondo”, ossia le credenze.
La percezione infantile
Tutti sono convinti di avere una visione molto corretta delle cose. Tuttavia, ciò è lungi dal corrispondere a verità. Un essere spiritualmente realizzato potrebbe considerare la vostra visione delle cose bizzarra o addirittura divertente, esattamente come la visione di un bambino appare agli occhi dei comuni mortali.
Ecco alcune delle mie credenze quando ero un bambino:
All'età di 6 anni • Ogni volta che un'auto investe un bambino, cosa che di tanto in tanto (nella mia credenza di allora) capita a mio padre, questo viene inghiottito. Così, il cadavere di ogni piccolo rimane per sempre incastrato in qualche parte del motore.
All'età di 7 anni • Quando scopro che i vecchi film sono in bianco e nero, deduco che il colore all'epoca non esisteva ancora. Quindi immagino che nel mondo di allora, tutto era nero, grigio o bianco, anche il cielo, i fiori, le persone…
All'età di 8 anni • Nel mio modo di vedere le cose, più qualcuno è obeso, più è muscoloso. Quindi sono affascinato e colpito dalle ragazze grasse.
Il circolo vizioso delle interpretazioni
Sempre con la preoccupazione di dover cambiare il meno possibile, la mente tende a semplificare tutto, ad arrotondare, a mettere tutto “nello stesso paniere”. Non essendo inclini a distinguere le cose per come realmente sono, ci affidiamo il più delle volte alla versione creata dalle nostre credenze. Ma questa versione è una menzogna, innanzitutto perché si basa su un'interpretazione delle cose e per di più perché questa interpretazione è distorta, in modo tale da potersi meglio adattare al comfort delle nostre illusioni.
Per questo alla nostra mente piace classificare tutto in due sole categorie: la categoria “buono” e la categoria “non buono”. Non le piace il “misto”.
Un esempio concreto? Il signor Dupuis è sul posto di lavoro. Un collega gli mostra un'auto ammaccata nella parte anteriore, con i fari rotti, e gli dice:
- È di un certo signor Moulin. Si è schiantato accidentalmente contro il cancello della tua proprietà.
Il signor Moulin ha certamente molte qualità che il signor Dupuis potrebbe apprezzare. Tuttavia, ancora prima di conoscerlo, sarà indotto a tessere questo tipo di credenze su di lui:
- È proprio un grande s******!
- Perché ha sentito l'esigenza di comprare questo modello di auto? Tanto non sa nemmeno guidare!
- Comunque, è un modello da sfigato!
- È un peccato che il mio cancello non gli abbia spaccato a metà il motore.
- Uno così non sarà neanche in grado di fare bene il suo lavoro.
- Sarebbe bello se venisse licenziato!
- Probabilmente avrà anche una faccia da schiaffi.
Poco dopo, gli viene detto che c'è stato un errore. Si tratta in realtà del cancello del vicino, che peraltro al signor Dupuis non piace per niente. Sente anche dire che il signor Moulin è interessato al progetto su cui lui sta lavorando. Quest'ultimo procede ad un piccolo aggiornamento automatico della sua mente. Adesso pensa:
- Non è poi così s******, il Moulin! In realtà, anche se non l'ha fatto intenzionalmente, ha proprio fatto bene! Peccato però per la sua auto. Ripensandoci, non è poi così male quel modello, ha molti optional. Non vedo l'ora di incontrarlo, sento che faremo un buon lavoro insieme!
Un po' esagerato? Non più di tanto, se ci pensate bene! Che si tratti di qualsiasi cosa (persone, luoghi, cose, idee…), se un dettaglio è spiacevole, in molti casi, la etichettiamo negativamente e le altre caratteristiche avranno meno probabilità di essere percepite positivamente.
Tutto ciò spiega anche perché ci si aggrappa così tanto alle proprie opinioni. Se siete per il partito A e contro il partito B, anche se vi esponessi ottime argomentazioni a favore del partito B, è improbabile che cambiereste opinione. Inoltre, è molto probabile che desideriate documentarvi solo sul partito A.
Inoltre, riconoscere che si può avere torto non è facile; ci vuole umiltà.
L'effetto “gregge”
Per riflettere e mettere in discussione il meno possibile, la mente ricorre all'effetto “gregge”, che consiste in una riproduzione delle credenze di un gruppo. Oltre a riprodurre in loop i vecchi dati, facciamo copia e incolla con quelli di altre persone.
Quando condividiamo le credenze di un gruppo, è sia più semplice che più rassicurante, anche se in fondo le nostre opinioni tendono a divergere. Si è dunque in “disaccordo con se stessi”, cioè la mente non è in armonia.
L'identificazione con un gruppo non ha alcun vantaggio se non nel mondo degli attaccamenti e delle illusioni. Una simile identificazione - che è anch'essa un effetto gregge - contribuisce a darci una visione molto falsa della realtà, perché non è che una menzogna. Quando la Nazionale Italiana vince una partita, tutti gridano:
- Abbiamo vinto!
Tuttavia, nessun spettatore ha partecipato all'incontro. Un tifoso un po' meno illuso e un po' più umile direbbe invece:
- Loro hanno vinto!
In Birmania, ho sentito qualcuno dire con orgoglio:
- Io sono buddista, quindi ho una visione corretta.
Sarebbe molto comodo se bastasse essere buddista, o qualsiasi altra cosa, per avere una visione corretta! Non è vero?
Naturalmente, siccome questa asserzione può essere letta ovunque nel mondo, si può sostituire con, invece di “buddista”, qualsiasi religione o filosofia.
Anche i monaci che incitano all'odio sono convinti di avere una visione corretta. Ecco perché, per quanto riguarda molti monaci, è più corretto affermare che sono solo persone che si considerano monaci.
Conclusione
Una convinzione non è che una credenza, ossia un'illusione, una menzogna, una distorsione della mente. Per migliorarsi, purificarsi, realizzarsi, è quindi necessario abbandonare almeno in parte tutte le proprie credenze. Facendo ciò, la mente si abitua a vedere le cose come sono realmente, nel momento presente.
Come avrete notato in questo articolo, che sfiora appena il profondo abisso delle credenze, è un compito tutt'altro che semplice riuscire a discernere lucidamente una visione corretta da una visione errata.
Il primo passo dovrebbe essere quello di accettare il fatto che la maggior parte delle nostre credenze affondano le proprie radici nell'illusione. Siamo per lo più inconsapevoli naufraghi in un mare di credenze. I saggi sono coloro che riconoscono tutti i propri errori, anche i più piccoli. Non hanno paura di dire «non so».
Lo sciocco crede, ma dice "so".
Il saggio sa, ma dice "credo".
Successivamente non resta che progredire, al proprio ritmo ma con sicurezza, verso la Conoscenza; una conoscenza libera dall'interpretazione, libera dalla credenza, libera dalla cecità. In altre parole, una mente in grado di esercitare l'autocontrollo.
Chi è padrone di se stesso è più potente di colui che è padrone del mondo.
Con questa breve panoramica sulle credenze, spero possiate comprendere l'importanza della prudenza e dell'umiltà, necessarie per lo sviluppo spirituale. Vi rendete conto che anche studiando i testi migliori con la massima attenzione, ogni informazione che vi arriva è distorta, finché la vostra mente rimarrà bloccata nelle proprie credenze.